Cadenazzi

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CADENAZZI

I cantieri Cadenazzi

La storia di questo storico cantiere lariano inizia nel 1890, quando Raimondo Cadenazzi, dopo aver lavorato presso i cantieri Taroni, si trasferisce nella Tremezzina.
Nel 1907, con la concessione demaniale Tremezzo 4, ottiene il pemresso per aprire il suo cantiere nautico. 
Raimondo modifica il terreno intorno alla proprietà di famiglia, un bellissimo prato con alberi da frutta che diradano verso il lago, gettando le basi per allestire un efficiente cantiere. Con lui lavorano i tre figli. 
I Cadenazzi, seguendo gli insegnamenti della scuola Taroni, si dedicano alla costruzione dei primi canotti automobili e di lance a remi da passeggio per la benestante clientela inglese. 
Le lance costruite da Raimondo erano come eleganti Calesse da Lago, con schienali in paglia di Vienna, tandalino e cuscini verdi con frange bianche.

Una volta cresciuti e appresa l’arte della costruzione navale, due figli partono per l’Argentina, dove avvieranno un cantiere nella zona del Tigre, cantiere che divenne poi fornitore della marina Argentina. Un terzo figlio, Giuseppe, rimarrà con il padre e ne seguirà le orme.
Sulle inglesine dei Cadenazzi potevano viaggiare quattro passeggeri. Tre seduti comodamente sul divanetto di poppa e un passeggero a prua. In centro barca c’erano due vogatori in linea. Impensabile oggi attraversare il lago su una barca a remi con sei persone a bordo, eppure era la normalità, per andare a cena, a teatro o in visita da amici.
I Cadenazzi non si definivano semplici costruttori, ma qualificati progettisti e disegnatori. La loro abilità può essere testimoniata dalle numerose tavole progettuali conservate oggi al Museo Barca Lariana, dove sono riportate perfettamente linee, pesi e misure.
Dopo Raimondo, sarà Giuseppe a portare avanti l’attività di famiglia. Oltre alle classiche inglesine da passeggio, dal cantiere usciranno anche beccaccini, stelle, dinghy e anche qualche motoscafo da competizione.
Giuseppe sposa una ragazza di Lenno di nome Fanny. La coppia avrà quattro figli ma, durante la Seconda guerra mondiale, Giuseppe muore improvvisamente. Fanny è costretta a fermare la produzione e la struttura che ospitava il cantiere viene affittata. Il figlio di Giuseppe e Fanny, Aldo, è ancora troppo piccolo per portare avanti l’attività. Sarà mandato a lavorare da Guido Abbate e dai Timossi, dove imparerà il mestiere.
Sono gli anni in cui Abbate si dedica con grande passione alla costruzione di motoscafi entrobordo e il piccolo Aldo ne apprende subito i segreti e le sofisticate tecniche costruttive.

Nel ‘59 Aldo, oramai maturo, si sente pronto per riaprire il cantiere di famiglia e rilanciare il marchio Cadenazzi.
I primi motoscafi entrobordo sono decisamente ispirati allo stile Abbate, sono i modelli Holiday. Nella sua prima produzione Aldo costruirà anche lussuosi sette e otto metri destinati al mare. 
Nel 1961 l’incontro con un cliente belga segnerà una svolta nei destini del cantiere. Il fuoribordo da lui acquistato piace molto in Belgio, in poco tempo iniziano ad arrivare richieste su richieste. 
Nonostante la moda preferisse i motoscafi entrobordo, Aldo Cadenazzi investirà entusiasmo e passione nello sviluppo di tecnologie per motori fuoribordo e successivamente, sotto la spinta delle innovazioni americane, si dedicherà anche alla costruzione di motoscafi entrofuoribordo. Il suo primo entrofuoribordo, con scafo in legno, è il Gran Lasco 660.
I motoscafi costruiti da Aldo avevano i nomi dei paesi del lago: c’era il modello Dongo, il Nesso, il SuperComo ed erano appositamente pensati per lo sci nautico. Il modello più amato era il Bellagio, che presto conquistò anche l’appassionata clientela tedesca.

Antonia, figlia di Aldo Cadenazzi, ricorda: “avevo 4/6 anni. I tedeschi venivano in inverno a vedere le fasi di costruzione del loro motoscafo. C’era anche un professore di architettura dell’Università di Monaco di Baviera. Mi ricordo poi quando discutevano l’acquisto dei loro motoscafi. Stavano ore intorno ad un tavolo, fumavano tutti, una nuvola di fumo sopra, Whisky, Cognac … e si discuteva sul motoscafo, sul contratto, sui pagamenti. Un mondo che oggi non esiste più...”

L’amicizia e gli affari con il Belgio segneranno a lungo la vita del cantiere Cadenazzi, dove Maria Teresa, la moglie di Aldo, gioca un ruolo fondamentale nello sviluppo commerciale del cantiere. Alle fiere di Bruxelles non mancavano mai i motoscafi Cadenazzi, anche grazie alla passione e all’efficienza dell’amico belga, divenuto oramai un vero e proprio importatore e rappresentante del marchio. I motoscafi partivano da Como in treno, imballati in gabbie di legno e una volta arrivati a Bruxelles venivano puliti, lucidati e subito esposti.

Negli anni ’70 la produzione si trasferisce nel nuovo capannone di Lenno. Il cantiere Cadenazzi conta 15 operai, è al suo massimo storico. Il vecchio cantiere di Tremezzo rimarrà attivo come ufficio e service nautico, dove i clienti possono visionare e provare le barche prima dell’acquisto. 
Aldo, in questi anni, avvia anche una collaborazione con Pirelli. Fornirà paglioli e poppe in legno per i gommoni a motore. Sono anni di profondi cambiamenti, sul mercato inizia ad affermarsi la vetroresina e gli scafi in legno sono sempre meno richiesti.

Dal motoscafo Bellagio, nasce il PortoFelice 530. Aveva tutte le attenzioni necessarie per soddisfare gli amanti dello sci nautico: un motore potente, gavoni porta sci, spazio per corde e bilancini. Aldo disegna anche una capote in tela, un po’ per omaggiare la tradizione delle antiche inglesine da passeggio, ma soprattutto per accontentare il mercato belga, dove il meteo oceanico si presenta molto più variabile e imprevedibile.
Il PortoFelice ha molto successo: piccolo, potente, facilmente rimorchiabile e molto adatto al mare. Monta motori da 140 e 170 cavalli, interni finemente curati con ampio utilizzo del legno. A bordo è istallato anche un frigobar. Verrà costruito in 60 esemplari. 
Per accontentare gli amanti dello sci nautico, viene installata una plancetta di poppa che allungherà il motoscafo da 530 a 580.

Modificando il gran Lasco 660, Aldo darà poi vita all’ XL 620, sempre in legno. Prende qui forma il vero stile Cadenazzi, l’impronta e il design che caratterizzerà, da questo, la sua intera produzione. Il modello XL 620 piace molto e Aldo Cadenazzi decide di produrlo anche in Vetroresina, dandogli il nome SUMMER.

Arrivano poi gli anni ’90. Il Cantiere Cadenazzi di specializza nelle revisioni; la burocrazia si fa sempre più severa ed Aldo, notoriamente preciso ed organizzato, diventerà il punto di riferimento di molti cantieri.
Nel 1999 Aldo conclude la sua attività. Decide che la sua ultima barca dovrà essere in legno, un XL Summer 620.

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